"Novità dalla Biblioteca" è la rubrica dedicata alle recensioni di alcuni libri, selezionati dalla bibliotecaria Giorgia, tutti ovviamente presenti in sede. Proposte, consigli per sognare la Montagna attraverso le imprese e le fotografie dei grandi alpinisti, per studiarla e stuzzicare la fantasia del prossimo itinerario.
Buona lettura!
(Recensione di Giorgia Gai)
Oggi il cielo è blu trail di Giorgio Macchiavello e La grande corsa-Il sogno e l'avventura di Francesco Prossen raccontano di grandi fatiche di corsa in montagna, sfide che portano il corpo e la mente a lottare insieme per non arrendersi e proseguire fino al traguardo. Gare che si allontanano dall'idea classica di montagna lenta, vissuta con calma e serenità, ma grazie a questi due autori riusciremo a capire la bellezza di compiere un'impresa simile al cospetto del giganti delle Alpi e che cosa si prova man mano che i chilometri scorrono sotto le suole.
(Recensione di Giorgia Gai)
“Pastori di montagne” ci narra la storia di una montagna assai conosciuta dal nostro sguardo e dai nostri piedi e mani: il Monviso. Avvenimenti storici, ricerche scientifiche e racconti delle Guide Alpine, protagoniste indiscusse dalla faticosa apertura dei valichi alpini fino ai giorni nostri, aiutano ad ampliare le conoscenze su questo universo umano ed alpinistico. Un luogo senza tempo, ma che del tempo comunque risente: mutazioni e adattamenti naturali (ambiente), socio-economici (turismo) e tecnici (arrampicata) vengono elegantemente descritti grazie alle testimonianze di chi li ha vissuti. Molto interessanti anche la preziosa raccolta fotografica che accompagna la narrazione e la traduzione parallela in lingua inglese, che fa ben sperare per una diffusione oltre confini di questo libro. “Where there’s a will there’s a way” dicevano i pastori di montagna, dove c’è una volontà, c’è una via. Buona lettura!
Un grazie speciale a Daniela Gonella che ha donato questo libro alla sezione.
(Recensione di Giorgia Gai)
24 maggio 1915: l’Italia entra in guerra in quello che sarà definito il primo grande conflitto mondiale, il primo grande errore dell’umanità guidato dal brutale ed irragionevole desiderio di espansione dell’uomo. Una battaglia eroica, vera, fatta di uomini spesso giovanissimi, armi e sangue. Uno scontro su confini artificiali e naturali, come quelli delle nostre montagne, sulle quali Alpini e uomini dal cuore tricolore diedero la loro vita per difendere la Patria. “I sentieri della Grande Guerra” ci porta, sia con il pensiero sia fisicamente, ad un’epoca oramai trapassata; dopo un’introduzione avvincente ed un quadro storico chiaro e completo, gli autori ci propongono 23 itinerari alla scoperta dei luoghi della memoria: Adamello, Pasubio, Altopiano dei Sette Comuni, Monte Grappa, Lagorai, Tofane, Monte Piana, Lavaredo e Region Popèra. Trincee, punti d’avvistamento, ripari nella roccia scavati con le mani diventano musei all’aperto visitabili tramite facili escursioni . Tutte le relazioni sono ben dettagliate e corredate da immagini d’epoca e dei giorni nostri, oltre alle vere e proprie testimonianze lasciate dai soldati: lettere, appunti dei taccuini ritrovati e documenti.
Di fondamentale importanza è la ragione per cui è stato scritto questo libro: per non dimenticare. Come suggerisce l’alpinista e scrittrice Irene Affentranger: «Quanto al perché di questa rievocazione, rispondo con una sola parola: la memoria. Quando questa va smarrita, ogni uomo e ogni associazione perde l’orientamento sia per la comprensione del presente sia per l’impostazione del futuro. Senza il ricordo si spegne la consapevolezza di un passato e siamo incapaci di garantire un adeguato futuro. La memoria si manifesta essenziale per gettare un ponte fra ieri ed oggi, trasmettendo il testimone di valori etici fondamentali ».
Non ci resta che “indossare” i vecchi scarponi dei nostri nonni e partire per un viaggio indietro nel tempo.
(Recensione di Silvana Monticone)
“Dopo essere stato per tanti anni soggiogato dal fascino misterioso della Terra del Fuoco, ritrovavo nella Patagonia altri monti, altri ghiacciai, ancora più elevati ed imponenti, che per un ventennio dovevano costituire la meta prediletta dei miei studi e delle mie esplorazioni”.
Con queste parole il salesiano Padre Alberto Maria De Agostini introduce la sua biografia, “Ande Patagoniche”, dove, con una scrittura chiara, scorrevole e ricca racconta le proprie escursioni sui monti della Patagonia, unite sempre ad una descrizione dettagliata ed attenta del paesaggio, della flora, della fauna, dei fenomeni atmosferici e degli uomini e delle donne che abitano quel territorio.
Ordinato sacerdote nel 1909 e partito per il Sud America l’anno dopo, esplora la Terra del Fuoco, il Massiccio del Paine e il Monte Balmaceda; quindi le zone dei ghiacciai: lo Hielo Contineltal, il Perito Moreno e l’Upsala del Lago Argentino. Effettua anche spedizioni nella regione del Monte Fitz Roy, del Cerro Torre, del Monte di San Lorenzo. Traccia mappe, disegna carte geografiche, scatta fotografie e gira documentari, redige diari e scrive libri, si occupa di botanica ed antropologia, si dedica all’insegnamento e scala montagne. Pubblica articoli sulle riviste del C.A.I. e compila la prima guida turistica della Patagonia. Per molti anni tenta di scalare il monte Sarmiento; ci riuscirà con la spedizione del 1957-58. Negli stessi anni è consulente tecnico-organizzativo della spedizione di Guido Monzino al Massiccio del Paine.
Le Terre Magellaniche diventano per lui la sua seconda casa, tanto da valergli il soprannome di “Padre Patagonia”. E’ stato probabilmente il più importante esploratore di quelle terre, colui che le ha fatte conoscere al mondo intero. I suoi lavori, le sue riproduzioni, i suoi scritti sono completi ed esaurienti sotto molti punti di vista: storico, etnografico, morfologico, naturalistico.
Nel suo libro emergono curiosità, spirito di osservazione, attenzione all’ambiente naturale ed umano. I resoconti alpinistici sono curati, dettagliati, correlati anche da foto in bianco e nero. Alcuni capitoli hanno una struttura più narrativa, descrittiva, altri sono vere e proprie pagine di diario.
Così Padre De Agostini spiega le radici profonde che ne fecero un esploratore: “Credo che sia opera di Don Bosco… sapevo di un racconto di Don Bosco che si riferiva ad uno dei suoi famosi sogni. Il Santo narrava di aver visto la catena delle Ande... e diceva: - Avevo sotto gli occhi le ricchezze incomparabili dei luoghi che un giorno verranno scoperti…- Il sogno di Don Bosco mi accese”.
(Recensione di Giorgia Gai)
Ed è ad occhi aperti che vogliamo farvi sognare, cari lettori. Grazie alle fotografie di Padre De Agostini, raccolte nel libro “Nelle Terre dei Sogni di Don Bosco” (edito dal Museo Nazionale della Montagna, Torino), è facile perdere il contatto con la realtà e ritrovarsi in un’altra epoca: antiche tribù, immense distese di ghiaccio e vette aguzze che ritagliano il cielo, ci portano direttamente nella Terra del Fuoco. Una preziosissima testimonianza di una realtà che, pur essendo ai confini estremi del mondo, sta inevitabilmente cambiando.
(Recensione di Giorgia Gai)
Quanti di voi guardando un’immagine si sono posti questa domanda: “Sto guardando una bella fotografia o un bel paesaggio?”. Le due cose parrebbero indistinte, e invece lo sono eccome. La fotografia, oltre ad essere un mezzo attraverso il quale è possibile riprodurre la realtà, è l’espressione di un punto di vista, il vero e proprio sguardo del fotografo.
Ed è con gli occhi degli esploratori di metà ‘800 che inizia il nostro meraviglioso viaggio nel tempo attraverso i “Frammenti di un paesaggio smisurato – Montagne in fotografia 1850-1870”, edito dal Museo Nazionale della Montagna di Torino (2015). Istantanee di valli e di montagne, dalle Alpi fino alle catene Himalayane, imprese eroiche alla scoperta di territori inesplorati, le prime grandi costruzioni, le ferrovie e i villaggi alpestri, fra quelli più antichi e quelli trasformati dal progresso e dal turismo emergente. Pellicole che fanno riflettere sul mondo di oggi, ormai totalmente cambiato dalle attività dell’uomo e dal clima, insieme ad un’introduzione stimolante sull’uso e sul senso della fotografia al suo esordio rendono questo volume un pezzo unico.
Esisterà ancora qualche luogo sul nostro pianeta rimasto tale e quale a quelle fotografie?